Diversità e inclusione: oltre il politically correct

da Redazione | 09 Giugno 2022 | Learning |

Che per un’azienda l’attenzione a diversità e inclusione siano decisamente di più di una moda passeggera dettata dal politically correct ce lo insegna la parabola di Abercrombie & Fitch. Da brand icona dei “cool kids” negli anni 90 e nei primi anni zero, l’iconico marchio raggiunge il suo punto più basso nel 2014, con le dimissioni del CEO Mike Jeffries. Di fatto, il brand stava pagando assai salato il conto che gli stava presentando l’idea di bellezza gerarchica, classista e razzista su cui aveva costruito il proprio business. Un’idea che lo storico marchio ha dovuto capovolgere per – letteralmente – sopravvivere. E infatti, se oggi date un’occhiata all’account Instagram di Abercrombie & Fitch, è molto chiaro che quanto è successo si è trasformato in una lesson (very well) learned.
Se questo può sembrare un caso limite – e per certi versi lo è – non dovremmo mai dimenticare l’importanza di valorizzare diversità e inclusione in azienda, in tutte le aziende e in tutti i settori di mercato. I motivi sono molti e diversi, ma tutti altrettanto importanti. In primo luogo è giusto dire che si tratta di valori che si traducono in un vantaggio concreto per l’azienda. Team composti da persone di estrazione sociale, provenienza, cultura, gruppi etnici, generazioni e anche orientamenti sessuali diversi sono più produttivi e più creativi. Godono di molteplici punti di vista e di diversi approcci alla risoluzione dei problemi, sono più propensi all’innovazione, generano più facilmente il pensiero laterale e, ultimo ma non meno importanti-sono più motivati.
Le aziende che promuovono la diversità risultano inoltre più attrattive per i talenti. In un contesto come quello odierno, caratterizzato dal fenomeno delle Grandi Dimissioni e da una generalizzata carenza di competenze, la capacità di attrarre e trattenere i talenti è fondamentale e l’attenzione alla diversità è senza dubbio un aspetto che le risorse valutano quando devono scegliere un’azienda. Lo stesso, dicono le ricerche, vale per i consumatori che, soprattutto dopo la pandemia, sono più attenti alle scelte etiche delle aziende, sia in termini di tutela dei lavoratori, sia di sostenibilità ambientale. Oggi, del resto, la brand reputation è un aspetto che non può essere sottovalutato: un danno di immagine è un danno aziendale tout court, che può finire per compromettere l’intero business.
In questo contesto, dove a essere in gioco è essenzialmente la cultura aziendale, cresce l’importanza della funzione HR, che dovrà gestire le politiche volte a incoraggiare diversità e inclusione. Esse coinvolgeranno il recruiting, il primo passo per garantire il giusto grado di eterogeneità della forza-lavoro; la formazione specifica, affinché ogni livello aziendale apprenda le modalità di interazione costruttiva con la diversità e, infine, ogni possibile misura volta a promuovere l’integrazione tra persone portatrici di istanze diverse. Sicuramente quello verso l’inclusione e la diversità sarà un percorso che richiederà una buona capacità di gestione del cambiamento e che potrà non essere privo di ostacoli, ma sarà anche una fonte di sicuro valore per ogni azienda che deciderà di aprirsi a esso.

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