Il Benessere digitale ai tempi della Digital Transformation

da Redazione | 30 Giugno 2022 | Direction |

In un mondo del lavoro sempre più caratterizzato dai processi di trasformazione digitale e dai modelli di lavoro ibrido che con la pandemia hanno subito un’accelerazione difficilmente immaginabile, sentiamo sempre più parlare di benessere digitale.

Per capire di che cosa si tratta e perché è bene occuparsene possiamo partire dalla definizione di benessere tout court: “lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società.”

È immediatamente chiaro abbiamo a che fare con un concetto piuttosto vasto, che va oltre quello di salute fisica a cui siamo normalmente portati ad accostarlo, per abbracciare l’intero ambito delle relazioni, e in particolare la capacità dell’individuo di esprimersi in relazione agli altri.

Se trasportiamo tutto questo nel mondo della tecnologia, potremmo dire che il benessere digitale riguarda innanzi tutto la capacità di saper riconoscere quali sono i vantaggi e gli svantaggi della tecnologia digitale, in particolare della connettività, e cioè dello strumento principe che ci connette all’azienda e al resto del mondo. Il benessere digitale è senza dubbio un concetto dinamico, perché un rapporto equilibrato con la tecnologia dipende innanzi tutto da fattori soggettivi: il voler rispondere immediatamente alle email, la paura di perdere il controllo della situazione o eventuali stati di demotivazione dipendono dal nostro carattere o da situazioni contingenti. D’altro canto, anche la tecnologia stessa è importante. Se ho a che fare con strumenti obsoleti, che non permettono di lavorare in maniera ottimale e senza intoppi, se troppe app si contendono la mia attenzione facendomi perdere il senso delle priorità, difficilmente potrò esprimere alcun potenziale. Infine, dato che “nessun uomo è un’isola” anche il contesto sociale, le aspettative, le regole e in generale i codici di comportamento condivisi non possono che influire sul benessere digitale.

Nello scenario sociale attuale, in cui l’adozione di massa repentina dello smart working ha fatto sì che il confine tra vita lavorativa e vita privata diventasse sempre meno netto, il benessere digitale sembra coincidere sempre di più con il “diritto alla disconnessione”. Da uno studio di Counterpoint Research realizzato su tremilacinquecento utenti in tutto il mondo, infatti, emerge che più di una persona su quattro (il 26% per la precisione) utilizza lo smartphone per ben 7 ore al giorno. Si tratta di una quantità di tempo notevole, pari a circa metà giornata, e non è possibile non tenere conto del fatto che la tecnologia è in grado – oltre che a migliorarla sensibilmente – anche di peggiorare la vita delle persone. Ciò accade per esempio nella misura in cui gli algoritmi che quotidianamente utilizziamo non sono in grado di tenere conto né di elementi che ci caratterizzano spiccatamente, come l’empatia, né dei pregiudizi che sono intrinseci agli algoritmi stessi. È quindi necessario indagare e mettere in discussione la qualità (oltre che la quantità) del tempo che passiamo online: come trascorriamo questo tempo? Quanto stress ci provoca? In che misura rappresenta un valore per noi? Quali strumenti ci aiutano a valorizzare il nostro potenziale e quali invece mi distraggono e basta?

Paradossalmente, esistono una serie di app e guide online come quella di Google che possono aiutarci a fare questo, ma una volta capito in quale modo trascorriamo il nostro tempo online, starà soltanto a noi mettere in atto misure che ci aiutino a trarre il massimo dagli strumenti che abbiamo a disposizione.

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