L’intelligenza emotiva: una soft skill indispensabile per i leader

da Redazione | 26 Aprile 2023 | Direction |

La cultura manageriale moderna tende a rivalutare e a dare centralità all’aspetto emotivo delle persone. Da quando si è capito che motivazione e positività sono fondamentali per conseguire il successo, infatti, le emozioni e la loro gestione ricoprono un ruolo fondamentale nella quotidianità aziendale.

L’intelligenza emotiva in azienda

Il concetto di intelligenza emotiva è stato formulato per la prima volta nel 1995 dallo scienziato Daniel Goleman, che pubblicò il libro Emotional Intelligence. Goleman, che continua a essere un attivo divulgatore, ha sottolineato anche recentemente, con l’irrompere della pandemia, il ruolo centrale dell’intelligenza emotiva, soprattutto in un contesto in cui le relazioni la comunicazione si esplicano esclusivamente da remoto.

Pandemia a parte, il concetto di intelligenza emotiva ha trovato presto applicazione nel mondo aziendale, fin dal momento della sua formulazione: è diventato infatti subito chiaro che la capacità manageriale di gestire le emozioni e di prendere decisioni senza lasciarsi trasportare da esse ha ripercussioni positive sia sul clima aziendale, sia sul rapporto con il team, sia, in ultima analisi, sulla redditività del business.

L’intelligenza emotiva del manager, però, non è, o non si limita a essere una qualità innata che alcuni possiedono mentre altri ne sono sprovvisti. Essa è piuttosto il risultato di un processo di apprendimento che richiede conoscenze specifiche in diversi ambiti che riguardano il nostro comportamento.

Come sviluppare l’intelligenza emotiva

Il primo passo per sviluppare un buon livello di intelligenza emotiva è una buona conoscenza di sé (self-awareness). Capire come ci sentiamo, essere in grado di dare un nome a ciò che proviamo, conoscere i nostri punti di forza e le aree di miglioramento rappresenta il primo passo per capire meglio noi stessi e le persone con cui ci relazioniamo, sia al lavoro che nella vita privata.

Lo step successivo è la gestione di sé. Saper gestire sé stessi implica avere autocontrollo, sapersi adattare al cambiamento, tendere al miglioramento e perseguire nei propri obiettivi nonostante gli inevitabili ostacoli, più o meno grandi, che la vita pone davanti a noi.

Ma l’intelligenza emotiva ha a che fare e si esplica soprattutto nelle relazioni con gli altri. Il terzo fondamentale step è quindi il direzionamento di sé, la capacità ovvero di coinvolgere gli altri nel raggiungimento di obiettivi condivisi. Fondamentale per questo step è l’aver maturato il giusto grado di empatia: saper capire le persone con cui ci si relaziona quotidianamente, valorizzare i loro punti di forza e lavorare sulle aree di miglioramento è il modo migliore per portare le persone a condividere la mission aziendale e i diversi obiettivi in cui questa si declina.

L’importanza dell’intelligenza emotiva

Diversi studi dimostrano infine che l’intelligenza emotiva è importante soprattutto ai più alti livelli aziendali: si afferma infatti che, l’85% delle competenze considerate determinanti per definire un vero leader dipende dalla capacità di gestire le emozioni, che si rivela direttamente proporzionale alla capacità di gestire le persone. Ogni leader avrà naturalmente un suo stile, ma il leader emotivamente intelligente saprà adattare questo stile alle circostanze e saprà trarre il meglio dai propri collaboratori.

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