Un po’ lavoro e un po’ vacanza: è tempo di workation

da Redazione | 07 Luglio 2022 | Learning |

Un aspetto rilevante della “nuova normalità” che il COVID-19 ci ha lasciato è senza dubbio quello che chiamiamo nomadismo digitale. I lunghi periodi trascorsi lavorando da remoto hanno fatto sì che il concetto di “luogo di lavoro” subisse forti ripensamenti, e che l’importanza degli uffici come luogo fisico si sia ampiamente ridimensionata. Secondo un’indagine di Ipsos- Europe Assistance, nel 2021 il 23% degli italiani si è dichiarato intenzionato a organizzare almeno una cosiddetta “workation”, un periodo da trascorrere in un luogo più o meno turistico, capace di conciliare le esigenze professionali con quelle turistiche.
Se da una parte questo cambia profondamente la vita del lavoratore da ufficio abituato al classico orario 9-18 di fronte alla scrivania, anche l’offerta turistica è costretta a modificarsi di conseguenza. Sono sempre di più, infatti, le strutture turistiche come alberghi o bed&breakfast che includono nella loro offerta postazioni di lavoro con connessione adeguata e addirittura servizi di babysitting, per agevolare i genitori.
La piattaforma di apprendimento digitale Preply ha stilato una classifica delle località considerate migliori per la “workation”, secondo una serie di parametri suddivisi in tre macro categorie: qualità della vita, clima e ambiente, costi e sicurezza. La migliore città secondo questa classifica è la lontanissima Brisbane, per via della qualità del clima (una media di 22 gradi), la bontà del servizio sanitario, i costi della vita tutto sommati contenuti e l’offerta culturale. L’Italia invece non sembra essere in una buona posizione a livello internazionale, sia per qualità della vita, sia per la scarsa conoscenza dell’inglese, sia per i tempi di percorrenza urbani che sono molto lunghi.
Ma come cambia la produttività quando vacanza e lavoro sono così interconnessi? In realtà, cambia in meglio. Meno stress, più motivazione, più creatività: secondo una ricerca effettuata da Passport-Photo.online negli USA su un campione di oltre 1000 persone, l’86% afferma che l’esperienza di “Workation” ha migliorato la loro produttività e l’84% è più soddisfatto del proprio lavoro. Dalla stessa indagine emerge che la tecnologia ha un ruolo preponderante nella scelta di questa modalità lavorativa: il 65% ha affermato infatti che una connessione stabile, veloce e affidabile è un elemento fondamentale, e la stessa percentuale circa (63%) ha evidenziato la necessità di spazi adeguati, per facilitare concentrazione e creatività.
Si tratta di una tendenza che sembra destinata a durare, supportata dall’evoluzione della tecnologia da una parte, e della cultura aziendale dall’altra.
Anche in Italia, sebbene in maniera meno omogenea e forse più lenta che altrove, i modelli di lavoro stanno cambiando e sicuramente ci potrebbe essere un’accelerazione verso il nomadismo digitale qualora risolvessimo alcuni problemi critici, uno per tutti il digital divide ancora presente in diverse aree del Paese. Tutto questo sarà poi favorito dal ricambio generazionale: i millennials e ancora di più la generazione Z daranno per scontato poter avere un approccio al lavoro più flessibile e basato essenzialmente sui risultati. Se le aziende vorranno attirare i talenti, dovranno andare incontro alle loro esigenze.

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